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COME LE MODELLE TRANSGENDER HANNO CAMBIATO LA FACCIA DELLA MODA.

  • Immagine del redattore: CapDaSha Photographer
    CapDaSha Photographer
  • 24 ott 2018
  • Tempo di lettura: 3 min




SULLE ORME DI VERE E PROPRIE ICONE COME CANDY DARLING E AMANDA LEPORE, LE ALTRE MODELLE TRANSGENDER – HARI NEF SU TUTTE – SONO INARRESTABILI E, FRA SFILATE PER MAISONS STORICHE E COPERTINE, STANNO RIMODELLANDO IL NOSTRO MODO DI VEDERE LA BELLEZZA.


Il mondo della moda sta cambiando. Non esistono più soltanto le pose plastiche e le Gigi Hadid e Kendall Jenner di turno a rappresentarlo. La realtà di fronte a cui ci troviamo oggi è molto più eterogenea ed inclusiva, i confini di genere si fanno labili e le etichette iniziano a dar segni di cedimento. Uomo, donna, etero, gay, bisex, sono parole che mantengono ancora un significato nell’era della svolta gender fluid?

In questo ultimo anno si sono moltiplicate le passerelle calcate da modelle e modelli insieme. Che si trattasse di womenswear o menswear non era importante. La moda si apre alle mille sfumature del nostro millennio, ed è pronta ad abbracciare una serie infinita di possibilità.

In origine fu & Other Stories, che per la campagna di una capsule collection per l’AI15, reclutò un team di sole creativi transgender: non soltanto le modelle (Hari Nef e Valentjin de Hingh) ma anche stylist, fotografa e make-up artist. Gucci sotto Alessandro Michele, Saint Laurent sotto Hedi Slimane, Rick Owens, Vetements e Balenciaga sono poi state solo alcune fra le case di moda più importanti ad abbracciare il fenomeno delle sfilate mixed gender. E a quel punto sono subentrati i colossi del low cost: Zara e H&M, con la produzione di capsule collection “ungendered”, e quindi indirizzate a tutti.

In particolare, è la comunità transgender ad essere proiettata nel mercato mainstream, con modelle transgender sempre più coinvolte in spot pubblicitari, campagne e sfilate indirizzate ad un pubblico molto vasto.

Certo, fin dagli anni ’60 gli artisti più visionari e aperti riconoscevano il fascino della diversità delle modelle transgender, assurgendole a vere e proprie muse. International Chrysis non a caso fu di costante ispirazione per Salvador Dalì e Candy Darling non solo fu protagonista di diversi film firmati Andy Warhol, ma anche musa dei Velvet Underground. Per non parlare poi della bionda Caroline “Tula” Cossey, che vestì i panni di un’affascinante Bond girl e fu la prima modella transgender ad comparire sull’ambita copertina di Playboy, o di Amanda Lepore, vera e propria icona nella comunità transgender, che con il suo sguardo da Jessica Rabbit e le inconfondibili enormi labbra diventò la musa di David LaChapelle e Terry Richardson, ed è anche apparsa in diverse campagne per MAC.

Tutti nomi che hanno fatto la storia nella cultura transgender, che hanno aperto uno spiraglio verso l’integrazione, in un mondo che però, purtroppo, faticava ancora troppo a staccarsi dalle vecchie tradizioni. Quello che sta succedendo oggi invece è un fenomeno di portata globale e inarrestabile. Le modelle transgender che si aggiudicano questa o quella copertina non fanno quasi più scalpore, anzi si avviano finalmente a diventare la normalità. Modelle come l’australiana Andreja Pejic (la prima trans a conquistarsi un profilo su Vogue), Valentijn De Hingh (che ha contratti con le case di moda più rinomate), l’olandese Loiza Lakers (appena apparsa nella nuova campagna Diesel) o la bellissima Isis King (la prima modella transgender a partecipare ad America’s Next Top Model), sono portavoce di una generazione ogni giorno coinvolta nella costante lotta per liberare il mondo, e soprattutto l’industria della bellezza, da dettami e schemi ormai superati.

Ma un nome spicca su tutti: quello di Hari Nef. Classe ’92, modella, attrice, attivista, membro onorario della cricca di Petra Collins&co, la Nef è stata anche la prima modella transgender in assoluto ad accaparrarsi un contratto con la prestigiosa agenzia IMG Worldwide. Per l’AI16 ha fatto il suo debutto ufficiale nell’alta moda sfilando calcando la passerella per un’istituzione come Gucci, avvolta in una cappa rossa abbinata a scarpe, pantaloni e cappello ton-sur-ton, immersa in un’atmosfera di lynchano splendore e protagonista di uno dei momenti più cruciali della stagione.

Ma non sono soltanto i grandi brand a sfidare le convenzioni classiche di bellezza. Si tratta, anzi, di un fenomeno che ribolle nei caldi spiriti dei designer emergenti, nei marchi più alternativi ed indipendenti, liberi da un’immaginario sedimentato nei decenni come quello delle case di moda storiche e per questo più coraggiosi nella sperimentazione, più pronti a correre dei rischi.

Gypsy Sport, Hood By Air, Telfar, Chromat, Eckhaus Latta, Kim Shui, Gogo Graham, sono solo alcuni dei brand indipendenti da tenere d’occhio, non solo per l’unicità delle loro collezioni, ma anche perché, portando sulla passerella una fauna eterogenea di modelle e modelli, sono un esempio per quei brand che ancora faticano ad affrancarsi dalla tradizione.

La diversità è la chiave nell’industria della bellezza al giorno d’oggi. Il riconoscimento, l’apprezzamento delle diversità e, di conseguenza, l’inclusione sono le uniche vie possibili per spingerci verso il futuro. E per una volta, anche un mondo in cui come quello della moda, fin troppo attaccato a ideali di bellezza ‘standard’, sembra essersene accorto.

Testo di Francesca Milano


Fonte: Red Milk Magazine http://redmilkmagazine.com/it/2016/12/how-transgender-models-are-changing-the-face-of-fashion/


 
 
 

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